Ero in un fitto bosco quando arrivò un temporale: il verde si disperdeva in mille tonalità limpide, gli alberi si muovevano, oscillavano. Il vento si impadroniva della materia trascinando terra, formiche, sassi, foglie, rami e poi alberi spezzati in un torrente denso, scuro come un magma. Era iniziato il viaggio, l’avventura.

La strada era nuova, tutto era diverso, ma anche terribile: gli alberi spezzati piangevano, urlavano il loro dolore. La natura accettava il suo fluire, navigava con meraviglia, senza ritorno al bosco, ma giù giù verso il mare. I legni galleggiavano ascoltando l’acqua e il tuono; prigionieri ne incontravano altri, si incrociavano, si sfioravano, forte sempre più forte, dove la goccia diventava un fiume in piena che avanzava verso la luce verso il mare argentato.

La trappola densa si allarga, il sapere dolce si confonde: c’è più luce, più profondità, più blu che ci accoglie. È rimasta la carezza delle onde: si galleggia nel silenzio. Il cielo è sereno, qualche nuvola bianca, ma il più è passato: siamo liberi.